E’ in atto a Firenze, come in tutta l’Italia, una sistematica distruzione del patrimonio verde; in particolare degli alberi. Specialmente le grandi alberature le quali, a detta di tutti gli esperti, sarebbero l’unica salvezza per mitigare le ormai insopportabili condizioni climatiche e di inquinamento delle nostre città. A partire dall’ultimo decennio, innumerevoli piante vengono falcidiate tra incuria ed abbattimenti,spesso ingiustificati. Ci siamo chiesti il perché. Come abbiamo potutoconstatare, il problema della gestione e della cura del verde pubblico mette in evidenza una questione di dimensioni nazionali e non solo problematiche locali. Innanzitutto si evince una qualità morale e tecnica delle nostre amministrazioni di livello spesso discutibile. Poi una incapacità strutturale della macchina amministrativa, su scala generale, a realizzare una condotta operativa razionale, veloce, duttile, efficace e coerente. Voglio dire che non c'è un esercizio di responsabilità ed una intelligenza, all'origine dell'operare; al contrario c'è una fuga generale dalla responsabilità ed una sua frantumazione. Non nel caso in cui vi sia un robusto interesse personale o del comitato politico-affaristico di riferimento. Ma nella gestione dell'interesse collettivo sembra entrare in azione un sistema di automatismi da macchina decerebrata, dietro la quale non c'è una personale assunzione di responsabilità; al contrario un evitamento della responsabilità. Si verifica lo smarrimento della motivazione in un procedere incoerente nella disconnessione dei vari elementi di realtà, tra incompetenza e disinteresse, non del singolo amministratore, ma della Amministrazione in quanto macchina impersonale, priva di un pensiero che non sia burocratico. La gestione del verde pubblico è emblematica nell'esaltare questi aspetti e mette in evidenza in tutta la loro forza il ritiro dalla responsabilità e dalle competenze e la totale assenza di partecipazione emotiva e di sensibilità della pubblica amministrazione in tema ambientale. Ne derivano le condotte distruttive ed incoerenti che si stanno manifestando in tutto il Paese. Il problema è dunque nazionale; è strutturale; è culturale; è politico: si può risolvere solo con riforme della pubblica amministrazione e con una legislazione nazionale che renda possibile ed obblighi le amministrazioni alla giusta cura del verde: il verde delle grandi alberature e dei grandi spazi ecologici naturali; non il "verde" concepito solo come ornamento o pericolo. Riguardo all'elemento "pericolo" insito nella natura, ma meglio direi nella vita, c'è da aggiungere che esso non potrà mai essere azzerato; in una certa misura esso va accettato: a meno di inseguire illusioni e false sicurezze. Come l'illusione che il Comune, azzerando il pericolo degli alberi con il deserto che fa attorno a noi, ci restituisca maggiore sicurezza; mentre in realtà sta solo mutando il tipo di pericolo cui saremo esposti.
CAMBIARE LA NARRAZIONE
A quanto pare è assolutamente perdente anche se encomiabile il movimentismo a difesa degli alberi di un singolo quartiere, addirittura di un singolo giardino o di una singola strada della città. Qualche decina di alberi potrà essere salvata, momentaneamente, affidando all'incuria la futura sconfitta. Né mai con le azioni dimostrative locali, che inseguono via via i tagli, si riuscirà mai a modificare la prassi delle amministrazioni cittadine, per i motivi che ho addotto prima.
Bisognerebbe uscire dalla attuale narrazione naive, che ci catapulta in uno scenario infantile, un po' da fiaba, nel quale personalmente mi sento a disagio: la narrazione di una lotta epica tra il buon Peter Pan di turno, assieme ai suoi bambini perduti, ed un "cattivo" Capitan Uncino, il quale per la sua spietata natura predatoria vuol distruggere gli alberi (ci manca solo l'entrata in scena dello Squalo-carabiniere-sceriffo-giudice che, azzannando le natiche di Capitan Uncino, lo mette momentaneamente in fuga).
Questa narrazione la dobbiamo cambiare noi, adesso: va benissimo la partecipazione dei cittadini a livello locale. Poi, però, sono necessarie una CONNESSIONE ed una azione politica di più ampio respiro e di livello NAZIONALE: la partecipazione va allargata ed estesa a tutta la città; coinvolgendo e motivando persone colte e competenti e collegandosi con i media e gli organi di stampa, a livello locale. Ma, dopo, la connessione deve mirare a tessere una tela a LIVELLO NAZIONALE; perché il problema è nazionale. È un problema di cultura; è un problema di visione, di scelte politiche e di legislazione di livello nazionale. Quindi occorre connettersi con tutte le associazioni, le organizzazioni, i movimenti ambientalisti, gli esperti, i media, a livello locale, si; ma soprattutto vanno attivati i contatti a LIVELLO NAZIONALE ed internazionale.
L'interlocuzione dovrà arrivare ai Partiti ed al Ministero dell'Ambiente. La partecipazione, vissuta con passione, è fondamentale; è la base di ogni impresa e costruzione. Per questo vi ringrazio tutti di cuore e mi scuso per la mia critica. Ma ora sento e temo che la passione non basti; se non guardiamo ai problemi nella loro reale estensione, se non ampliamo l'orizzonte del nostro agire. Cambiamo la narrazione! E con essa la visione della realtà e la determinazione della nostra azione.
QUALE POLITICA NAZIONALE PER LA CONSERVAZIONE E LA TUTELA DELLE GRANDI ALBERATURE NELLE CITTÀ?
Vogliamo politiche volte a promuovere la vivibilità delle città e la salute dei cittadini; grazie anche all'espansione ed alla tutela delle aree verdi e delle alberature. Politiche in linea con una vera transizione ecologica; con attenzione all'oggi e non, ipocritamente, ad un futuro ipotetico che verrà, forse, tra trenta quarant’anni (quando saremo tutti morti o trasferiti). Il clima nelle città e la qualità dell'aria sono emergenze di oggi. Vogliamo sapere chi firma le valutazioni sulle piante ed autorizza interventi inadeguati o distruttivi; quali quelli che stanno dilagando in tutto il Paese: nome, cognome, qualifica, studi e curriculum; e vogliamo che costoro si confrontino con esperti di nostra fiducia. Ma, se vogliamo andare alla radice del problema, mandiamo via le ditte inadeguate appaltanti al ribasso e chiamiamo dei veri giardinieri. Noi vogliamo che si faccia un check-up delle grandi alberature e che le piante ancora recuperabili vengano curate con le tecniche più avanzate. I buoni giardinieri e la conservazione del patrimonio arboreo costano meno delle devastazioni, abbattimenti e "riqualificazioni" varie. Il problema è questo: ora come ora gli "operatori" del verde urbano hanno danneggiato e stanno danneggiando, rendendole pericolose, le alberature cittadine. La "visione" del Comune è di abbattere tutto il verde urbano, sostituirlo con dei miserabili alberelli, cementificare e sfruttare gli spazi disponibili con la speculazione turistico-ricettiva, farci morire di caldo e di carovita e scacciarci dalla nostra città; confinando gli ultimi residenti tra rotaie, supermercati ed ospedale. Non serve o non basta risparmiare temporaneamente alberi che di proposito vengono compromessi al fine dei successivi abbattimenti. Se lasciamo che gli alberi vengano danneggiati poi, quando si arriva al loro abbattimento, hanno ragione “loro”.
RISCHIO ZERO O RIDUZIONE ED ACCETTAZIONE DEL RISCHIO?
Attualmente vige la convinzione che gli alberi non siano necessari e vi si collega il principio e l'obiettivo del "rischio zero". Ma se vogliamo mantenere i nostri alberi allora il rischio può essere ridotto ad un minimo, con buone cure ed una adeguata gestione delle alberature; ma non potrà mai essere azzerato.Esso va pertanto accettato, così come accettiamo ed abbiamo accettato rischi ben maggiori per cose anche superflue o futili o malfatte, ma che reputiamo necessarie; o alle quali semplicemente non vogliamo rinunciare.
Occorre innanzitutto riaffermare con forza il principio che i grandi alberi sono necessari.
PER REALIZZATE UNA BUONA POLITICA, IN SINTESI, OCCORRONO:
• Una legislazione nazionale stringente ed efficace, che obblighi gli Enti Locali ad una prassi di buona cura del verde urbano.
• Un Organo centrale di indirizzo, di controllo e monitoraggio del patrimonio verde.
• Attestazioni di qualità della gestione delle cure.
• Accettazione del rischio collegato, le cui conseguenze non devono ricadere sotto la personale responsabilità degli Amministratori allorquando questi si siano attenuti alle buone prassi di gestione delle alberature; secondo standard certificati stabiliti per legge per tutto il territorio nazionale.
• Risorse statali ed Europee secondo un preciso ed ambizioso programma coerente con le politiche di contrasto all'emergenza climatica e con la tutela della salute e della qualità di vita dei cittadini.
Le parole chiave sono:
• CURA degli alberi.
• RISCHIO connesso agli alberi.
Siamo d'accordo che I DUE CONCETTI sono LEGATI tra loro perché se c'è una adeguata cura degli alberi essa è in grado di ridurre al minimo il rischio. Ma non abbiamo riflettuto abbastanza su UNA RIVOLUZIONE NECESSARIA, che è quella che concerne L'ACCETTAZIONE DEL RISCHIO E LA SUA GESTIONE. Questa rivoluzione implica l'adozione di una DIVERSA CORNICE CULTURALE E LEGISLATIVA; certamente LOCALE, ma soprattutto NAZIONALE. Anche perché i finanziamenti per fare tutto ciò potranno venire solo dallo Stato e dall'Europa. I Comuni non avranno e/o non stanzieranno sufficienti soldi per queste cose; né di conseguenza elaboreranno progetti adeguati. Ora come ora domina il concetto, o la necessità, a seconda dei punti di vista, del RISCHIO ZERO che, come uno tsunami, sta travolgendo i nostri grandi alberi. Il RIFIUTO TOTALE DEL RISCHIO collegato alla presenza delle grandi alberature in città ha trovato la strada spianata nella miseria culturale dei nostri politici amministratori e nella loro pretesa di irresponsabilità: PER COSTORO I GRANDI ALBERI NON SONO NECESSARI! Mentre la responsabilità di una loro caduta ricade su di loro. Per fare un esempio, sono molti gli incidenti in motociclo causati dai famigerati "cordoli" disseminati per le strade; ma questi non vengono rimossi, perché il rischio che comportano viene accettato in quanto i cordoli sono ritenuti necessari. Un altro esempio sono i monopattini, che fanno dei morti tutti i giorni ma non vengono aboliti, anche perché la responsabilità degli incidenti non ricade sugli amministratori. Gli alberi, che invece causano un morto ogni 10-15 anni, sono considerati un rischio inaccettabile. La pretesa di rischio zero per le grandi alberature è una bestialità scientifica, concettuale e culturale ma, come una realtà ineluttabile, si sta affermando ovunque: RISCHIO ZERO UGUALE DESERTO. Ci restano gli alberelli, che sono a rischio zero; meglio se secchi, così saranno a rischio zero per sempre.
Francesco Perri
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